Terza Domenica di Quaresima
Non deludiamo le attese di Dio
Oggi la Parola del Signore ci propone di riflettere sulla nostra vita con due esempi: un terreno su cui è crollata una torre, un terreno in cui è piantato un fico che da anni non produce frutti.
Gesù invita a discernere le situazioni, a guardare con occhio profondo la realtà, a percepire dentro gli eventi il senso e lo spessore delle cose.
Da queste parole mi sento invitato a non essere spettatore passivo di ciò che avviene, a non leggere pigramente le cronache che i giornali raccontano. Dentro i fatti scorre la vita, si pongono domande e si delineano prospettive; dentro i fatti ci sono inviti a scelte e suggerimenti a valutazione. La vita non scorre uguale, non fluisce in modo immutabile; contiene progetti, realizza desideri e manifesta aspirazioni, dichiara fallimenti e realizzazioni, ferite e disastri. Non posso stare alla finestra a vedere scorrere la vita da indifferente; quanto accade interpella, scuote, interroga.
Chi ci salverà dal fluire nel nulla? Persino dietro le paure o le illusioni c’è un invito che raccoglie le attese del cuore e le rende vivide e vere:. C’è un volto oltre le nostre vicende umane che dia speranza alle nostre vite? C’è un volto che accoglie dopo le croci della vita, un cuore che dia valore alle nostre passioni e ai nostri desideri?
Viviamo come se Dio non c’è, eppure quando succede l’invitabile, quando ci crolla addosso qualcosa, subito accusiamo e protestiamo: Dov’è Dio?
Gesù è venuto a dirci che Dio è sempre vicino a noi, anche quando non lo cerchiamo, anche quando ci chiudiamo o ci nascondiamo al suo sguardo. Dio è sempre vicino a noi; ci è più intimo di noi stessi, ci offre di leggere la nostra storia non come una serie di eventi dominati dal caso o dai fallimenti, ma come l’opportunità di tornare a Lui, di cercarlo oltre i nostri limiti; Lui ci è solidale e vicino, compagno nella fatica del vivere tutti i risvolti della nostra stessa vita.
Tutto ciò che crolla può essere riedificato, anzi con la grazia di Dio può rafforzarsi e crescere. È questa la fede incrollabile di Gesù, affidato totalmente alle mani del Padre: neppure la croce, neppure la morte riesce ad essere per lui la fine. Non sa come, ma sa che il Padre lo libera da quella che umanamente può sembrare il fallimento di tutto, la morte. E il Dio fedele il terzo giorno adempie le promesse; il Risorto ci attesta la vicinanza di un Dio che mai abbandona.
E poi la parabola del fico che non porta frutto. Il padrone del racconto di Gesù è giustamente esigente: dopo tre anni reclama il frutto dal suo albero, questi non può sfruttare il terreno, non può occupare inutilmente lo spazio del vivere senza fruttificare.
Il vignaiuolo chiede un altro anno di tempo per coltivare ancor più e ancor meglio il fico, un anno per dissodare, per concimare, per agire sulle radici, per andare in profondità, alle cause dell’improduttività di quel fico sterile; egli si fa carico di speranze e di attese, s’impegna in una missione umanamente impossibile. “Forse l’anno prossimo porterà frutto”.
Il Signore Gesù crede al mio cambiamento e mi mette realmente in condizione di cambiare, me ne dà la forza. Dipende da me; Egli dalle mie ferite è capace di fare scaturire la vita, di far nascere l’amore, come dalle sue ferite ci ha mostrato l’amore infinito di Dio. Possiamo deludere le attese di Dio?