Il Natale cristiano non può essere ridotto ad una tradizione annuale carica soltanto di folclore emotivo, non è una favola per quanto sfavillante di luci e colori. È la festa memoriale della nascita di Gesù, nel quale Dio ha preso dimora fra gli uomini.
Gesù, che oggi contempliamo nella fragilità di un “bambino”, è parte concreta e irrinunciabile della storia umana, lo si accolga o meno egli rimane carne della nostra umanità: il Verbo si è fatto carne! La Parola, che sta all’origine e alla fine della storia, è carne di questa umanità. Il senso profondo del messaggio di Natale non distrugge la sua “poesia” e neppure la sua cornice festosa, tuttavia rimanda ad una consapevolezza più profonda: Dio si è fatto parte della nostra storia e noi siamo diventati suoi figli in modo del tutto speciale.
Il vangelo, nelle tre diverse celebrazioni oggi previste, è memoria, racconto e annuncio del senso profondo della festa: in Gesù, fragile bambino, Dio diventa speranza di salvezza per una umanità destinata alla morte: con la sua nascita, con la sua vita, con la sua morte e risurrezione, egli apre a noi un nuovo futuro, ci merita la vita eterna. Il Natale è rivelazione dell’Emmanuele, di Dio che vuole stare per sempre con gli uomini.
Le prime letture anticipano, ognuna a suo modo, la promessa di pace e di giustizia connessa all’Emmanuele. Da credenti sappiamo che il male nel mondo non può essere sradicato con le nostre forze. Noi possiamo solo invocare pace e giustizia da Dio e collaborare alla sua azione nella storia.
Nelle seconde letture il dono di Gesù all’umanità appare come manifestazione della grazia di Dio, la rivelazione della sua bontà, l’irradiazione della sua gloria: nel Figlio siamo resi figli ed eredi di Dio stesso.