La maternità di Maria ha un duplice volto e questo giustifica la posizione del tutto speciale che lei assume nella storia cristiana: da una parte è la madre attraverso la quale Dio prende dimora tra gli uomini, in lei il Verbo ha preso carne umana; dall’altra, proprio attraverso il Figlio che è allo stesso tempo «vero uomo e vero Dio», lei continua a trasmettere agli uomini la possibilità di partecipare alla vita divina.
L’attenzione prioritaria a “Figlio” non sminuisce il ruolo materno di Maria: il titolo di “Madre di Dio” che la fede cristiana le riconosce, per quanto appaia paradossale non esprime altro che la missione di Maria nella storia umana in quanto possibile storia di salvezza. Maria non ha ricevuto il dono d’essere madre di Gesù per sé sola, ma per tutta l’umanità.
Il vangelo ci fa rivivere il significato dell’evento natalizio, con i suoi personaggi e il suo clima: i pastori, simboli dell’umanità che attende il suo riscatto; Giuseppe, che nel silenzio custodisce e protegge il mistero; e il Bambino, che nella sua fragilità altro non chiede se non di essere accolto. In tale clima Maria «serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore».
Al centro della prima lettura sta il “Nome” di Dio, ossia l’essenza del mistero della persona che il nome condensa in sé: la benedizione promessa a coloro che lo invocheranno. Invocare il nome del Signore vuol dire invocare la sua presenza e la sua protezione.
La seconda lettura, unendo insieme il ruolo di Maria-madre a quello di Dio-Padre, ci è di aiuto per comprendere il senso dell’evento natalizio: nella “pienezza del tempo” Dio ci ha donato il Figlio per renderci suoi “figli”!