Questo è il Figlio mio prediletto. Il battesimo di Gesù è descritto come l’evento che “apre il cielo” sopra di noi, rivelando il senso anche del nostro battesimo: l’essere diventati “figli” richiede di manifestare la condizione di figli in tutta la nostra esistenza.
Gesù viene proclamato “Figlio prediletto” e in questa “rivelazione” si manifesta anche il senso del nostro personale battesimo: siamo stati resi figli nel Figlio, figli amati di un amore irreversibile e unico.
Nella consapevolezza di noi cristiani d’oggi è paradossale proprio il fatto di non avvertire la grandezza e le esigenze della scelta battesimale, di non riuscire a riscoprire la centralità di questo momento decisivo per la nostra esistenza. Abbiamo bisogno urgente di una nuova presa di coscienza, abbiamo bisogno di ripercorrere vie comunitarie e personali che ci portino all’esperienza di «vivere il proprio battesimo» nella quotidianità.
La narrazione del vangelo ci mette di fronte al battesimo di Gesù nel fiume Giordano: nelle diverse scene del racconto sono tracciate in sintesi le linee della vocazione e della missione di Gesù. Investito dal dono dello Spirito, egli affronterà la sua vita come “profeta” in parole e opere, nella condivisione della sofferenza umana fino al dono di sé e alla vittoria finale nella risurrezione.
Ascolto della parola di Dio e ricerca di Dio e della sua salvezza sono al centro anche della prima lettura: non si tratta di un cammino facile, occorre superare le prospettive troppo chiuse che ci limitano l’orizzonte per entrare invece nell’orizzonte di Dio e comprendere l’imprevedibile novità del suo modo di guidare la storia.
Il battesimo ci è richiamato anche dalla seconda lettura, attraverso i temi dello Spirito, dell’acqua e del sangue, elementi decisivi della simbolica sacramentale di cui è intessuta la vita delle comunità cristiane.